Si è svolto l’11 aprile a San Giovanni in Persiceto, un convegno organizzato da Energy Intelligence presso la propria sede, con l’obiettivo di fare il punto sugli scenari energetici e sulle sfide e le opportunità che si presentano alle imprese nel percorso di transizione verso i nuovi paradigmi energetici.

Alla discussione hanno portato il loro contributo autorevoli relatori: Davide Chiaroni, direttore della  ricerca  dell’osservatorio Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano; Luisa Calleri, responsabile settore fotovoltaico di Confindustria Elettricità Futura, l’associazione che raccoglie i produttori di energia sia da fonte fossile che da fonte rinnovabile; Marco Martorana, responsabile innovazione prodotti nel settore energy di Unicredit Leasing; Attilio Raimondi, responsabile Piano Energetico Regionale della regione Emilia Romagna.

Grazie a loro e ai relatori di Energy Intelligence, i temi sul tavolo sono stati affrontati da tutti i punti di vista e hanno consentito ai presenti, in gran parte manager d’impresa, di  confrontare gli scenari generali con i percorsi intrapresi da ciascuno.

L’elemento chiave della giornata infatti, su cui tutti hanno concordato, è che il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti richiede che ognuno - privati, imprese, istituzioni, finanza e politica – faccia la sua parte.

Il recente Report prodotto dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ha evidenziato la continua crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili e il progredire della riduzione a livello globale dell’intensità energetica, ma ha anche lanciato un segnale allarmante evidenziando come, dopo due anni in cui si era stabilizzata, nel 2018 sono tornate a crescere la domanda di energia e l’emissione di CO2, che ha raggiunto nel mondo il livello record di 33 miliardi di tonnellate.

La  strada pertanto è ancora lunga e gli obiettivi molto sfidanti.

 

Il contesto di riferimento per l’Italia è Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIeC), pubblicato a inizio anno dal governo in ottemperanza degli impegni definiti dall’Unione Europea, che contiene gli scenari energetici al 2030.

Si tratta di un piano che si coordina con il più ampio progetto europeo Clean Energy Package formulato nel 2016, che rappresenta le azioni coordinate dell’Europa per raggiungere obiettivi condivisi al 2030, prefigurando gli scenari degli accordi di Parigi al 2050 (contenimento del riscaldamento del pianeta al di sotto dei 2°).

Gli accordi di Parigi, sottoscritti da 194 paesi e già firmati da 175, costituiscono una sfida planetaria, la più grande avventura totalmente  condivisa nella storia del genere  umano.

 

Come noto il Piano evidenzia una situazione di vantaggio (una volta tanto) del nostro Paese relativamente al mix di fonti energetiche per la produzione di energia elettrica.

Il passaggio dalla dipendenza fossile alle fonti rinnovabili è in corso e sta accelerando, ma richiederà alcuni decenni e si profila quindi una fase di transizione nella quale si dovranno abbandonare per prime le fonti fossili più inquinanti per poi arrivare alla loro eliminazione totale. E’ il gas (la fonte fossile a più basso inquinamento) che si candida ad essere il veicolo di accompagnamento verso la completa decarbonizzazione.

Il mix di fonti energetici ideale in questa fase è quello che vede affiancati gas e rinnovabili. L’Italia in virtù di scelte passate, alcune consapevoli e alcune fortuite, si trova ad avere il mix di fonti energetiche più vicino a quello ideale (vedi tabella sottostante).

mix generativo elettrico per fonte

La tabella evidenzia anche la forte presenza del nucleare in alcuni paesi, presenza che peraltro oggi rappresenta più un problema che un vantaggio. La Francia, paese che più di tutti si appoggia sul nucleare ha presentato nel suo piano prospettico una riduzione del 30 % della potenza installata al 2030. La Germania, come noto, ha dichiarato la sua volontà di uscire completamente dal nucleare. La Svizzera ha decretato con un recente referendum l’uscita completa dal nucleare dal 2050 e il blocco da subito della costruzione di nuove centrali.

L’attuale posizione di vantaggio non deve però farci riposare sugli allori, ma deve portarci a cavalcare la situazione per guadagnare posizioni in termini di competitività complessiva del sistema paese.

Di seguito  gli elementi chiave della strategia energetica nazionale:

-          la eliminazione totale della produzione da centrali elettriche a carbone, che passa dai 22 TWH del 2015 a 0 TWH nel 2030 (phase-out  previsto al 2025)

-          la eliminazione quasi totale di quelle a oli combustibili (da 19 TWH a 2 TWH);

-          la compensazione di questa riduzione a carico totalmente dall’incremento della produzione da fonti rinnovabili (da 113 TWH a 187 TWH);

-          il sostanziale mantenimento della produzione da fonte gas naturale (da 110 TWH a 118 TWH).

-          affermazione del paradigma della generazione distribuita e della figura del Prosumer - il soggetto che produce una parte consistente dell’energia che consuma - che diventa un protagonista della gestione dei flussi energetici.

-          Riduzione  dell’intensità energetica[1] del sistema paese

 

La sfida più importante riguarda i trend di crescita delle rinnovabili. Al 2030 la produzione da eolico deve crescere del 133% e la produzione da fotovoltaico deve crescere del 205% rispetto al 2017.

Trascurando l’eolico, poco utilizzabile in Emilia Romagna, la sfida si concentra sul fotovoltaico.  L’aumento di produzione di energia prevista al 2030 per questa fonte è di 50 TWH pari ad un incremento di potenza installata di circa 31 GWp (+158%) che, spalmati negli anni, sono quasi 3 GWp di nuovo installato all’anno.

Secondo i relatori, uno degli elementi chiave di questa crescita così sfidante è rappresentato da una forte diffusione di impianti sulle grandi superfici coperte di stabilimenti industriali e commerciali, dove l’investimento del fotovoltaico si dovrebbe accompagnare a progetti complessivi di ottimizzazione dei flussi energetici di  produzione e di consumo. L’incremento della fonte solare  sui tetti industriali può vedere nell’Emilia Romagna una regione protagonista, dal momento che si trova nella condizione di essere la regione più a sud d’Europa tra quelle caratterizzate da grande concentrazione di insediamenti industriali (consumi) con grandi superfici coperte disponibili per l’installazione degli impianti.

In questo contesto l’impresa industriale, che diventa Prosumer, acquisisce un ruolo da  protagonista nel perseguimento degli obiettivi del PNIeC, con nuove complessità da gestire relativamente ai propri flussi energetici.

Per gestire questa nuova complessità sarà centrale il processo di digitalizzazione, nel crocevia tra Internet delle Cose (IoT), Big-data e sistemi cloud, in uno scenario, ormai prossimo, nel quale l’Intelligenza Artificiale sarà in grado di governare processi decisionali istantanei sulla base di moli di dati giganteschi disponibili in tempo reale. Questo è proprio il cuore della strategia di Energy Intelligence: una piattaforma digitale di proprietà e in continua evoluzione affiancata da competenze di eccellenza sui temi energetici.

 

Si è già accennato alla centralità del ruolo del Prosumer. Nel convegno  ci si è concentrati in particolare sul Prosumer complesso, quello rappresentato da una impresa (industria produttiva o GDO) che, da consumatore passivo di energia, diventa soggetto attivo. E’ un percorso graduale il cui primo stadio è rappresentato dall’acquisizione della consapevolezza delle potenzialità e delle variabili in gioco. Consapevolezza che la gestione intelligente dei flussi energetici consente alle imprese di attivare investimenti con ottimi payback , aumentare la propria autosufficienza e appropriarsi di nuovi fattori competitivi (processi green, riduzione dell’intensità energetica dei prodotti, etc).

E’ noto che la prima fase nella quale le imprese si sono misurate con le variabili energetiche è stata  la liberalizzazione e l’introduzione della concorrenza (2003 per il gas e 2007 per l’energia elettrica), che ha consentito alle imprese di puntare alla riduzione dei costi di acquisto, anche attraverso la costituzione di consorzi di acquisto dotati di grande potere negoziale nei confronti dei fornitori.

Ma ancora l’impresa rimaneva un consumatore passivo.

Oggi invece sono molte le opzioni che si presentano al Prosumer.

Energy Intelligence ha mostrato concretamente un possibile percorso in fasi successive che portano l’azienda  consumatrice di energia a diventare un prosumer attivo, evidenziando per ciascuna fase i flussi energetici in acquisto, produzione, autoconsumo, accumulo, vendita.

 scenario evolutivo consumatore passivoscenario evolutivo autoproduzione da fotovoltaico

 

Fase 1 – L’azienda preleva dalla rete tutta l’energia necessaria per coprire il proprio fabbisogno.

Fase 2 – L’azienda si dota di un impianto fotovoltaico dimensionato per massimizzare l’autoconsumo. Parte dell’energia viene prodotta autonomamente e si riduce il prelievo dalla rete.

scenario evolutivo interventi di efficienza e recupero dispersioniscenario evolutivo sostituzione parco auto e gestione di servizi alla rete

Fase 3 – L’azienda esegue un intervento di efficienza recuperando le dispersioni di un bruciatore allo scopo di aumentare la generazione di energia elettrica (Cogenerazione). Aumenta l’energia prodotta, di conseguenza cala ulteriormente l’energia prelevata dalla rete ed inizia l’immissione in rete di una quota eccedente.

Fase 4 – Altri possibili interventi:

-          investimenti mirati all’efficientamento energetico, con l’obiettivo della riduzione del fabbisogno.

-          inserimento di sistemi di accumulo per ottimizzare l’utilizzo dell’energia prodotta aumentando l’autoconsumo.

-          introduzione di una flotta di vetture elettriche e dei relativi sistemi di ricarica, con l’obiettivo di contribuire alla riduzione dei combustibili fossili nel settore della mobilità

-          incremento dell’impianto fotovoltaico per far fronte al nuovo fabbisogno di energia elettrica conseguente alla scelta dell’introduzione della mobilità elettrica.

 

Sono stati illustrati alcuni tipi di interventi concreti ipotizzabili in una media impresa industriale, con la relativa valutazione di pay-back time che consente la determinazione delle priorità di investimento.

Lo strumento per individuarli e quantificarli è la diagnosi energetica (peraltro obbligatoria per le grandi imprese e per quelle energivore). La metodologia richiede l’adozione di sistemi di monitoraggio appropriati secondo le linee guida ENEA, che consentono la valutazione ex ante dello stato di fatto e la verifica ex post dei risultati degli investimenti fatti.

Un elemento da tenere presente è la presenza in molti casi di strumenti di incentivazione che, migliorando la convenienza degli investimenti, accompagnano le imprese e i cittadini verso la affermazione dei nuovi paradigmi energetici compatibili con gli obiettivi di sostenibilità introducendo nelle imprese nuovi fattori di competitività.



[1] Per intensità energetica si intende la quantità di energia rispetto al valore prodotto. Quando ci si riferisce al sistema-paese l’intensità energetica è il rapporto tra energia primaria (tep) e PIL. Lo stesso rapporto può essere calcolato per regione, per settore industriale o addirittura per singola impresa (in questo caso si tratta del rapporto tra energia consumata e Valore Aggiunto prodotto)

 

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